“Rinnovo l’invito al ministro Nordio a venire qui a Prato per trovare soluzioni alla drammatica situazione in cui si trova La Dogaia. Il centrodestra si unisca a noi perché su questi temi dobbiamo essere trasversali”. All’indomani del quarto suicidio in otto mesi all’interno della casa circondariale pratese, la sindaca Ilaria Bugetti torna a chiedere al Governo una visita in città e risposte concrete per ristabilire dentro quelle mura il rispetto della dignità umana. “Che a violarla sia lo Stato è semplicemente inaccettabile. – prosegue Bugetti – Come istituzioni non possiamo e non vogliamo tacere. Dobbiamo farlo uniti, senza distinzioni di colore politico. Non è il momento delle ideologie, ci vogliono i fatti. Per questo invito il centrodestra ad abbandonare qualsiasi tentativo di narrazione edulcorata delle condizioni della Dogaia per compiacere il proprio governo, tra l’altro smentita dai fatti, e a unirsi a noi nel chiedere al ministro Nordio un sopralluogo e degli interventi immediati. Non c’è più tempo per riflettere o per adottare soluzioni di facciata, La Dogaia è al collasso”.

Il ministro Nordio sarà invitato a partecipare anche al Consiglio comunale straordinario che tutta la maggioranza ha deciso di richiedere su questo tema per un confronto aperto con chi vive ogni giorno il dramma di una struttura penitenziaria non adeguata come quella pratese e con chi è chiamato a dare risposte e soluzioni. La richiesta sarà protocollata nelle prossime settimane. “Dal governo e dalla maggioranza che lo sostiene mi aspetto prima di tutto serietà. – conclude Bugetti – Come Comune abbiamo le mani legate perché non è nostra competenza. Possiamo promuovere progetti di reinserimento e di coinvolgimento dei detenuti ma sulle condizioni in cui si vive e si lavora in carcere non possiamo fare niente. Tocca al governo intervenire ed è doveroso che lo faccia. Le condizioni in cui si trova il nostro carcere rendono impossibile realizzare il compito che la nostra Costituzione affida alla pena detentiva, quello della rieducazione del detenuto per un pieno reinserimento nella società. Solo così – conclude Bugetti – potremo definirci un Paese civile

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