Fra i luoghi comuni più diffusi sul Natale, c’è sicuramente quello per cui la festa avrebbe oggi perso i suoi antichi e originari significati. Una festa che sembra cambiare con l’avanzare dell’età ma anche con i cambiamenti climatici o forse con la perdita di certi valori. Le feste natalizie rappresentano, per tanti, la stagione più gioiosa dell’anno, un tempo di celebrazione, condivisione e calore familiare. Ma non tutti la pensano così: alcune persone affermano di odiare il Natale o comunque di non tollerare molti aspetti che riguardano questa festività. Q uesto periodo può riportare alla mente la perdita di persone care o momenti difficili del passato e trasformare quello che dovrebbe essere un periodo di festa e vicinanza umana in un momento di rievocazione dolorosa e riflessione solitaria. Di tutto questo abbiamo parlato insieme al dottor Iglis Innocenti, psicologo e psicoterapeuta pratese, un professionista affermato che aiuta le persone a migliorare la comprensione dei bisogni, delle aspirazioni e dei desideri.

Dottore, il pranzo di Natale rappresenta uno degli eventi più significativi vissuti in famiglia. Quali sono le dinamiche psicologiche che influenzano le interazioni durante questa occasione?

«Il pranzo di Natale è un momento in cui si vengono ad intrecciare varie dinamiche relazionali, nonché significati di tipo simbolico e affettivo strutturatisi nel tempo e plasmati dalla cultura e dalla società. Vi sono varie dinamiche psicologiche che influenzano le interazioni durante il pranzo natalizio. Ad esempio, la pressione di dover per forza creare un’atmosfera di armonia e felicità, oppure lo stress nella preparazione del pranzo e l'organizzazione dell'evento, specialmente per chi si sente carico della responsabilità di far funzionare tutto. Poi c’è il fatto che non proprio “tutti” i parenti sono sempre graditi, o semplicemente vi sono persone con cui non abbiamo poi così tanta confidenza. Tutto questo può generare ansia e qualche piccola fantasia di fuga!».

Come mai per molti il Natale non è più quello di una volta? 

«Diciamo che il Natale porta con sé la suggestione della nostra infanzia, dove tutto era magico e sicuro (almeno per molti di noi fortunati). Ma crescendo abbiamo capito che, dietro il velo di felicità e dolcezza, si nascondono altre dinamiche, spesso costrittive e poco serene. Ad esempio, il “dover” fare i regali per forza, che comporta spendere dei soldi che, magari, potevano essere investiti in altre attività o spazi ludici per noi. Inoltre, durante queste festività vi è tutto intorno una sorta di pressione a “dover essere felici” a tutti i costi. Ma sappiamo bene che questo non è possibile, o almeno non per tutti. Così alcune persone si sentono “diverse”, come escluse da un periodo in cui “tutti” (tranne loro!) sono felici».

Quanto influisce su questa Festa il disgregamento delle famiglie che contraddistingue la nostra epoca?

«Parafrasando Cicerone “O tempora, O mores!”. In effetti la nostra epoca è ben caratterizzata dal disgregamento della famiglia, perno sul quale la celebrazione del Natale ha sempre trovato la sua maggior forza. L ’aumento dei divorzi e delle separazioni ha portato ad un cambiamento della struttura familiare, cosicché molte si trovano a vivere situazioni di “famiglie allargate” o “ricomposte”. Questo può creare dinamiche nuove e, a volte, difficili da gestire durante le feste, come dover trascorrere il Natale in più case o affrontare tensioni tra ex coniugi. D’altronde si sa, il Natale è spesso idealizzato come un momento perfetto di unione familiare. Quando le realtà delle famiglie disgregate non corrispondono a questo ideale, può emergere uno stress significativo. La pressione di “salvare le apparenze” o di creare un’atmosfera armoniosa a tutti i costi può trasformare le feste in un periodo di ansia anziché di serenità.

Però non dobbiamo pensare che necessariamente ci sia un’unica strada per vivere il Natale. Anche avere famiglie allargate o disgregate non significa non poter godere delle festività natalizie. Difatti, è del tutto plausibile che possiamo condividere questo periodo anche con nuove persone che sono entrate a far parte da poco della nostra cerchia famigliare, e con le quali si possono creare nuove relazioni gratificanti. Il Natale “del passato” non può essere il parametro assoluto con cui misurarci: difatti non abbiamo bisogno necessariamente di un’unica strada per vivere questo momento, bensì ve ne possono essere di nuove, capaci anch’esse di portarci verso modalità mai pensate prima di condividere serenamente il Natale. Un po’ come dice il grande Doc Emmett Brown: “Strade?! Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade!”».

Tra gli adulti c’è chi vive con ansia l’avvicinarsi del pranzo di Natale. Perché? E come affrontare questo stato di preoccupazione?

«Vi è un fenomeno che è venuto cristallizzandosi abbastanza di recente. Molte persone vivono il pranzo di Natale sentendosi obbligati dagli altri ad abbandonarsi ad una crapula senza fine, con la paura profonda di ingrassare. Ho conosciuto molti pazienti che sistematicamente, arrivati verso ottobre o novembre, organizzano un viaggio proprio a cavallo delle festività natalizie con il solo scopo di evitare il giogo alimentare a cui hanno paura di sottostare. Questo può generare ansia e malessere personale. In questi casi basta tenere a mente che uno stravizio non solo non danneggia il nostro corpo, ma anzi può dare anche lo slancio per ripartire e riprendere il cammino già iniziato con più serenità».

Spesso Natale e Capodanno rappresentano per molti un momento per fare un bilancio. Si può vivere questa festa come l’alba di un nuovo percorso?

«Ovviamente. Ma perché questo avvenga dobbiamo abbracciare la flessibilità e il buon senso, senza idealizzare i nuovi progetti e i nuovi percorsi che ci proponiamo di intraprendere. Ad esempio, vogliamo dimagrire? Affidiamoci ad un nutrizionista, senza necessariamente pretendere di farlo entro poco tempo. Vogliamo cambiare lavoro? Benissimo, facciamo un progetto con tutte le sue articolazioni, da seguire passo passo, nei tempi corretti. In pratica, pur evitando l’abbuffata natalizia, non cadiamo nell’errore di farci fagocitare dalla nostra “iperuranica” impazienza».

La tradizione è stata sempre di più svilita dal consumismo dilagante. Riaffermare nel futuro i valori più autentici di questi riti potrebbe generare dei benefici sulla nostra psiche?

«Personalmente, non credo che il nostro benessere coincida necessariamente con il riaffermare i valori autentici di questi riti. Basterebbe avere consapevolezza che non dobbiamo aspettare una festività per ricordarci che qualcuno, dall’altra parte della “stanza”, ci sta aspettando per un abbraccio, o anche solo per scambiare una parola».

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